Pagine

giovedì 23 febbraio 2012

BENIAMINO MARCONE, FAZIO NE "IL GIOVANE MONTALBANO". L'INTERVISTA DI FATTITALIANI: "SICILIA, BELLEZZA IMPOSSIBILE DA DEFINIRE"

Da stasera per sei episodi su Raiuno in prima serata andrà in onda "Il giovane Montalbano", fiction ispirata ai racconti di Andrea Camilleri, diretta da Gianluca Maria Tavarelli con Michele Riondino affiancato da attori di spessore come Beniamino Marcone che interpreta il ruolo dell'ispettore Giuseppe Fazio. Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema di Roma, è attore - per il cinema, il teatro e la televisione - e regista (nel 2010 ha girato il documentario Fairplay). Tra i suoi prossimi impegni televisivi c'è anche la nuova serie de "I Cesaroni", che lo vedrà tra i protagonisti, mentre al cinema lo vedremo in "Pasolini - La verità nascosta": Fattitaliani lo ha intervistato.

Il tuo rapporto con la serie del commissario Montalbano... guardavi la fiction?
Montalbano è senza dubbio una delle fiction italiane più radicate in Italia, ovviamente avevo avuto modo di vederla. Col tempo ho capito bene quanto sia grande la passione della gente per il commissario Montalbano, all'inizio però non mi ero reso conto di quanti veri e propri cultori vi fossero in Italia, gente che conosce ogni dettaglio delle sue avventure. La cosa che mi ha sempre colpito è la splendida commistione  tra personaggi, luoghi e storie; la ricchezza delle vicende e la loro componente fantastica insieme allo spessore dei personaggi, tratteggiati da un vero maestro quale Andrea Camilleri, sono alla base del successo della fiction tanto quanto dei libri, al punto da renderlo un fenomeno non più solamente italiano. Per questa nuova serie ho cercato di capire ciò che si era già mostrato del mondo legato alla figura di Montalbano attingendo sia dai romanzi che dalla serie tv. È servito a me, come credo a tutti coloro che ci hanno lavorato, per essere coerenti ma allo stesso tempo  per rendere degli aspetti nuovi, soprattutto in relazione ad un'età più giovane dei personaggi. Lavorare a questa serie è stato come dover costantemente confrontarsi con un potenziale sentimentale ed emotivo in evoluzione di cui però si era già mostrato il punto più maturo. Il mio rapporto con questa serie è anche di estrema gratitudine, verso il tipo di progetto, per  il suo valore culturale, gratitudine per l'opportunità che mi è stata data, verso l'esigenza di Camilleri di voler aggiungere nuovi aspetti alla sua creatura, al coraggio della Palomar e del regista Gianluca Tavarelli nel voler osare, cosa mai scontata di questi tempi.
Conoscevi già la Sicilia prima delle riprese?
Avevo già lavorato in Sicilia per un altro progetto, anni fa, e sono tornato prima delle riprese per un periodo che consideravo propedeutico a questo lavoro. Sicuramente grazie al Giovane Montalbano ho potuto farmi una mia personale idea di questi luoghi, della ricchezza e della "molteplicità" della Sicilia. Ci sono posti dove sembra che tutto possa accadere, dove le storie di Montalbano trovano la loro naturale collocazione, come se solo lì potessero essere concepite. La Sicilia sorprende tutti per la sua bellezza, una bellezza impossibile da racchiudere in un solo aggettivo, ma credo che i suoi aspetti più intriganti si colgano parlando e conoscendo i suoi abitanti. Basta ascoltare il suono delle parole, i modi di fare.
Com'è Fazio da giovane?
Fazio da giovane è un ragazzo intraprendente, ama il suo lavoro e vorrebbe crescere professionalmente in sintonia con i suoi superiori e nel rispetto dei ruoli, senza però mettere da parte l'orgoglio di un ragazzo. L'ho sempre immaginato come uno stakanovista, uno su cui si può sempre contare: per questo Montalbano lo prende come fidato collaboratore. Nella serie, poi, viene raccontato il rapporto con il padre, interpretato da un attore eccezionale come Andrea Tidona, una figura centrale nelle sue scelte.
Sarai tra i personaggi anche della prossima edizione de "I Cesaroni": che ruolo avrai?
Sto ancora girando I Cesaroni, quindi al momento non posso dire molto, sarà sicuramente una sorpresa, quindi meglio non rovinarla. Di certo sarà un personaggio molto diverso rispetto a quello del giovane Fazio, e questo per un attore non può che essere un elemento positivo, perché lo mette in condizione di mostrare la propria versatilità.
 Al cinema ti vedremo nel film su Pasolini: che rapporto ha la tua generazione con lo scrittore e regista?
La mia generazione è molto più curiosa e vitale di quello che ci vogliono far credere: non è solo la generazione dell'immobilità culturale, della svogliatezza, delle scelte dettate solo dal profitto economico. Posso dire che Pasolini - e non solo lui - è parte fondamentale della formazione di noi giovani, perché stimola il pensiero: spesso, però, a scuola non si arriva nemmeno a parlare di lui. Spero che dove non arriva la scuola arrivi la vita, l'amore per la conoscenza. Si dovrebbe educare i ragazzi a essere curiosi. Pasolini è ancora oggi una figura centrale anche per questo, perché invitava a pensare, a prendere posizione, a valorizzare le diversità. La sua opera ci racconta meglio di molti libri di storia come eravamo.
Che cosa sognavi da bambino e che cosa fra ciò che hai realizzato ti rende particolarmente orgoglioso e soddisfatto?
Sono un tipo che dimentica in fretta, non ricordo cosa sognavo: scherzi a parte, credo di aver fatto vere e proprie scorpacciate di sogni, per poi chiudere e ricominciare. Ho fatto tante cose, per un periodo avrei voluto laurearmi in agraria, mi sarebbe piaciuto diventare un ricercatore: magari non a progetto, quello mi sarebbe piaciuto molto meno. Poi però mi sono reso conto che fare ciò che fortunatamente faccio, mi appagava, mi permetteva di fare cose che non avrei mai fatto altrimenti. Mi dava la possibilità di esprimermi a pieno senza per questo essere considerato uno "fuori dagli schemi", che per un giovane può essere delicato. Era una sorta di protezione, pensavo che il filtro della recitazione mi avrebbe salvaguardato dai giudizi delle persone sulla mia di persona. Così ho avuto modo di girare e fare teatro e molte esperienze diverse. Sono soddisfatto di questo, e al tempo stesso orgoglioso di aver messo le mie forze a disposizione dei miei intenti fino in fondo, senza risparmiarmi e senza compromessi. Penso che nulla più di questo ci renda orgogliosi: che si tratti di scrivere un libro, finire di montare una libreria o manovrare un treno meglio farlo contando su tutte le proprie forze. Giovanni Zambito.
© Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento