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domenica 6 ottobre 2013

Opera InCanto, Fattitaliani intervista il compositore Lucio Gregoretti: "i teatri d'opera dovrebbero aprirsi di più al nuovo"

Anche quest’anno Opera InCanto presenterà a Terni e Amelia tre opere liriche che coniugano riedizioni del repertorio settecentesco e dei primi ‘800 con la realizzazione di un’opera moderna scritta e messa in scena in esclusiva per la manifestazione. Giunta alla XXIV edizione, quest’anno la manifestazione, cominciata il 3 ottobre al Teatro Sociale di Amelia, terminerà l’11 ottobre al Teatro Comunale Secci di Terni, con un cartellone di sei spettacoli in parte dedicati a OperaScuola.


Dopo La cambiale di matrimonio, di Gioachino Rossini, il 9 ottobre sarà presentato un doppio spettacolo con Il Don Chisciotte di Padre Martini (che manca dalle scene da decenni) e la prima esecuzione assoluta di un intermezzo moderno ispirato ad un film di Pupi Avati. Anche quest’anno, infatti, si replica l'esperimento dell'intermezzo nell'intermezzo: un nuovo e breve lavoro che viene ad essere inserito tra le due parti di un intermezzo settecentesco. La scelta è caduta su uno dei cinque lavori teatrali di Padre Martini, che è anche il protagonista insieme al giovane Mozart dell’intermezzo moderno, Gli Errori di Amadè, di Vincenzo de Vivo, con musiche di Lucio Gregoretti e soggetto liberamente ispirato al film di Pupi Avati, Noi Tre. La vicenda de Gli Errori di Amadè e di Noi Tre è ambientata nel 1770 quando Wolfgang Amadeus Mozart sostenne l’esame di ammissione all’Accademia Filarmonica di Bologna, di cui era maestro di contrappunto proprio Padre Giovanni Battista Martini. La prova d’esame del giovane compositore salisburghese, tutt’ora esistente, mostra tutta l'insofferenza di Mozart per le regole e le convenzioni. Padre Martini, fiutandone il talento, la riscrisse per intero, in modo che potesse essere ben accetta dal rigido ambiente dell'Accademia bolognese. Pupi Avati nel suo film Noi Tre ha cercato di dare una spiegazione a questo episodio. Fattitaliani ha intervistato Lucio Gregoretti (foto di Laura Salvinelli).
In che cosa consiste l'esperimento dell'intermezzo nell'intermezzo? che cosa rappresenta per un compositore come lei un'esperienza del genere?
Quella dell'intermezzo nell'intermezzo è un'idea di Opera InCanto, già sperimentata con successo negli anni scorsi. Si tratta di una breve opera di teatro musicale, appositamente composta per l'occasione, da rappresentarsi nell'intervallo tra i due atti di un lavoro più ampio tratto dal repertorio settecentesco. L'originalità della cosa rispetto al passato sta nel fatto che mentre nella tradizione operistica l'intermezzo, normalmente di carattere leggero, era eseguito tra gli atti di monumentali opere serie, in questo caso tutto è su scala più piccola, il nostro intermezzo è infatti incastonato tra gli atti di un'opera che è già a sua volta un intermezzo. Trovo che l'intenzione degli organizzatori sia molto raffinata e innovativa.

Teatro, cinema, opera: al di là del genere diverso, cambia lo stato di animo di chi scrive le musiche?
Lo stato d'animo cambia moltissimo. Io dedico la maggior parte della mia attività alla musica cosiddetta "colta" o contemporanea, componendo oltre alle opere anche musica sinfonica e da camera. È chiaro che in questo campo ho la massima autonomia di espressione e la possibilità di sviluppare una poetica personale libera da qualsiasi condizionamento, il che mi dà grande soddisfazione e risponde pienamente a un'interiore necessità di ricerca artistica. È questo l'ambito nel quale esprimo più a fondo me stesso: è il campo nel quale la mia musica viene recepita in maniera più attenta da un pubblico e da una critica specializzati, il che è molto emozionante ed è quello interessa di più nella vita, ma impone anche in un certo senso lo sforzo di una tensione continua che porti allo sviluppo di un percorso compositivo che sia personale e originale.
Può fare degli esempi?
Quando compongo per il cinema o il teatro non operistico invece sono più rilassato, di condizionamenti esterni ce ne sono, ma c'è anche il piacere di poter scrivere musica con maggiore libertà e di comunicare emozioni più dirette a un pubblico più ampio. È un'attività in un certo senso distensiva rispetto alla composizione cosiddetta "colta", e richiede un impegno di tipo diverso. Il compito di chi compone musica applicata al cinema o al teatro non è tanto quello di esprimere se stesso, ma è invece quello di entrare in sintonia con il regista, cercare di capire quello che il regista vuole comunicare, e aiutarlo a esprimere quello che ha in mente attraverso la musica. Mi trovo perfettamente a mio agio in questo, non mi sento sminuito nel ricevere indicazioni su che carattere dare alla musica che scrivo per un film, anzi, considero lo scambio di opinioni con i registi un arricchimento intellettuale e uno stimolo alla mia creatività che si riverbera anche nella musica contemporanea, oltre che un piacevole esercizio compositivo. Forse questo è dovuto anche al fatto che ho avuto la fortuna di collaborare con registi importanti come il carissimo Pupi Avati o come Carlo Lizzani, Lina Wertmüller e Margarethe von Trotta. Comporre musica stimolato da personalità di tale livello intellettuale è un vero nutrimento per la mente e certo non un limite allo sviluppo della mia individualità artistica. Comunque poi alla fine sono sempre io a scrivere la musica e una certa impronta personale può in ogni caso emergere.
In Europa è molto raro che un compositore "colto" si dedichi anche alla musica per film, cosa che invece è molto più frequente da sempre negli Stati Uniti (basterebbe ricordare a tale proposito l'esempio di Leonard Bernstein). Tanto che l'anno scorso sono stato invitato per un periodo piuttosto lungo a New York dalla fondazione Aaron Copland House, in qualità di compositore "anomalo" nel panorama europeo, a tenere dei seminari e delle conferenze sui rapporti tra la composizione per il cinema e per la sala da concerto.

Facile tradurre un'idea filmica (in questo caso di Pupi Avati) in un intermezzo? La più grande difficoltà e al contrario la soddisfazione maggiore qual è?
In realtà nel nostro caso non si tratta della trasposizione vera e propria di un film, ma di una breve opera composta su un bel libretto originale appositamente scritto da Vincenzo De Vivo. Il soggetto del libretto prende spunto dal film "Noi tre" nel quale Pupi Avati, con la poesia che gli è propria, suggerisce l'ipotesi che il quattordicenne Mozart si sia fatto intenzionalmente bocciare, per amore di una ragazzina, all'esame di ammissione all'Accademia Filarmonica di Bologna nel 1770. Un'ipotesi molto tenera e suggestiva che Vincenzo De Vivo ha avuto l'idea, con mio grande piacere, di sviluppare nel nostro intermezzo.
Nell'ambito operistico s'incontra qualche atteggiamento scettico verso tali sperimentazioni?
In ambito operistico per fortuna si può fare di tutto (e un certo scetticismo può anche essere segno di interesse), basta la "complicità" di un direttore artistico di ampie vedute, e per fortuna ce ne sono. Quello che manca in realtà sono gli spazi, e questo purtroppo è un problema che mette il nostro Paese in una condizione di inferiorità rispetto a società da questo punto di vista culturalmente più evolute come il nord Europa, gli Stati Uniti o il Canada. È importantissimo che piccole realtà come Opera InCanto continuino a commissionare e rappresentare opere nuove e il loro impegno adrebbe adeguatamente premiato, mentre allo stesso tempo è triste constatare che le grandi istituzioni lirico-sinfoniche non riescano a fare altrettanto.

Come vede il rapporto fra l'opera e il pubblico oggi?
Quello dell'opera è un pubblico vivissimo, attentissimo e competente, può applaudire o fischiare, scandalizzarsi e urlare, ma sta al gioco, capisce il "linguaggio" e reagisce di conseguenza. È ben diverso dal pubblico un po' imbalsamato della musica sinfonica o del teatro di prosa, che ha un rapporto più occasionale e meno viscerale con quello che va ad ascoltare o a vedere, per non parlare poi del pubblico inerte della televisione. Per questo credo che i teatri d'opera dovrebbero aprirsi di più al nuovo, potrebbero diventare degli importanti veicoli di idee e di innovazione grazie alla linea di comunicazione, diretta e biunivoca, che si instaura tra gli autori e il pubblico. Giovanni Zambito.

Lucio Gregoretti, biografia

Ha composto opere di teatro musicale, musica sinfonica e da camera, colonne sonore per cinema e teatro.
Le sue opere teatrali sono state commissionate e rappresentate in prima assoluta da: Teatro dell'Opera di Roma,Teatro Massimo di Palermo, Accademia Nazionale di Santa Cecilia (Roma, Teatro Valle), Teatro Gaetano Donizetti di Bergamo, Associazione Roma Sinfonietta, Istituzione Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, Teatro Sociale di Rovigo, Operaincanto a Terni; altre edizioni delle sue opere sono state realizzate da varie istituzioni tra le quali il Theater Münster in Germania, l'Istituzione Sinfonica Abruzzese, i Solistes Européens Luxembourg.
I suoi lavori non operistici sono stati eseguiti, spesso su commissione, da varie istituzioni tra le quali la Fondazione Pergolesi Spontini, l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Nuova Consonanza, la Nuova Orchestra di Napoli, l'Orchestra della Toscana, Unerhörte Musik a Berlino, I Solisti di Perugia, il Progetto Sonora Colonia, il Todi Music Fest, il Klangspectrum a Villach, e sono abitualmente presenti nei principali festival e rassegne internazionali di musica contemporanea.
Il Gruppo Strumentale Musica d'Oggi gli ha dedicato un concerto monografico a Roma nel marzo 2012.
Nel 2013 l'ensemble Music from Copland House di New York ha realizzato un concerto incentrato sulle sue
composizioni cameristiche, e nello stesso anno l'ensemble di musica contemporanea della Sinfonieorchester Münster (Ensemble Compania), gli ha dedicato un concerto-ritratto a Colonia.
Parallelamente all'attività di compositore di musica cosiddetta colta, ha lavorato molto anche nel campo della
musica applicata al teatro e all'audiovisivo. In tale ambito ha composto alcune commedie musicali, numerose
colonne sonore per film, e molta musica di scena per il teatro di prosa, per un totale di circa un centinaio di
produzioni, collaborando con alcuni importanti registi tra i quali Pupi Avati, Henryk Baranowski, Carlo Lizzani, Marco Mattolini, Gigi Proietti, Margarethe von Trotta, e in particolare, dal 2000 ad oggi, in maniera continuativa e assidua con Lina Wertmüller.
È stato composer-in-residence presso numerose istituzioni internazionali tra le quali le Künstlerhäuser Worpswede in Germania, la Sacatar Foundation a Salvador Bahia in Brasile, The MacDowell Colony e la Aaron Copland House negli USA.
Ha tenuto conferenze e seminari presso varie istituzioni e università in Italia e negli Stati Uniti, ha preso parte a giurie di concorsi di composizione, ha fatto parte del direttivo dell'Associazione Nuova Consonanza, ed è membro della European Film Academy.
La sua discografia, senza considerare la musica per cinema e teatro, conta 10 CD pubblicati in Italia e Germania.
I suoi lavori sono editi da Rai Trade e Suvini Zerboni, e pubblicati su CD da CNI, Musicaimmagine, Musicom, Rai Trade - Ducale, Vdm.
Lucio Gregoretti è nato a Roma nel 1961. Ha studiato al Conservatorio di S. Cecilia dove è stato allievo di Bruno Cagli per la storia della musica e si è diplomato in composizione con Mauro Bortolotti. Ha seguito seminari di composizione con Luciano Berio e Ennio Morricone, e ha studiato direzione d’orchestra con Franco Ferrara e Giampiero Taverna.

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