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martedì 25 febbraio 2014

Testimoni, Le grandi realizzazioni spesso sono precedute da grandi sogni: il ricordo di padre Francesco Vaccarello

«Le grandi realizzazioni spesso sono precedute da grandi sogni», scriveva così padre Francesco Vaccarello a cinquant’anni dalla sua vocazione missionaria. Nato ad Aragona il 19 ottobre del 1931 e battezzato nello stesso anno nella chiesa Madre dedicata a Santa Maria dei Tre Re, si è spento a 83 anni, il 14 gennaio u.s., in quella che era diventata la sua terra, dichiarava: «sono italiano di nascita e con il cuore peruviano».

Tornava periodicamente ad Aragona, -piccolo paese collinare in provincia di Agrigento-, patria di un bel manipolo di sacerdoti salesiani, decano dei quali ancora vivente è il novantenne p. Giuseppe Zammuto. Ma non possiamo né vogliamo dimenticare il chierico Carmelino Castellana, Lino Lana per gli amici, morto in fama di santità, ricordato ancora con tanta tenerezza da Sebastiano Tinè, fratello coadiutore: «ero entrato da adulto nella famiglia salesiana ed ebbi qualche momento di delusione e scoraggiamento, mi aspettavo mi facessero studiare, ma i miei superiori non lo ritennero opportuno, mi allontanai per una riflessione, Carmelino mi venne in sogno, mi incoraggiò ad andare avanti, ed eccomi coadiutore da molti anni».
Aragona, grazie alle tenaci insistenze di don Vincenzo Gandolfo ebbe nella prima metà del Novecento, ma solo per pochi anni, la presenza dei figli di don Bosco: don Gandolfo era convinto della bontà della missione salesiana, e riteneva che l’attività oratoriana fosse necessaria per la formazione delle giovani generazioni. Rimane ad Aragona quale segno dell’attaccamento ai salesiani la chiesetta di campagna dedicata a don Bosco in contrada Serre, la statua di Maria Ausiliatrice della chiesa della Provvidenza e i simulacri di don Bosco e san Domenico Savio nella chiesa della Mercede; un altro segno, e non indifferente, è quello costituito da un nutrito gruppo di ragazzi ormai adulti formatisi umanamente e intellettualmente nella casa salesiana di Pedara. 











P. Francesco tornava periodicamente nel paese delle zolfare e portava sempre quel sorriso che lo contraddistingueva. P. Emanuele Concetto Sallemi, che lo conobbe al noviziato di Modica-Alta negli anni 1946-1947, ricorda nitidamente il suo tratto gentile, la sua squisita bontà, condita da dolcezza e comprensività, «era uno -dichiara il religioso- che si voleva e sapeva far bene».
A 14 anni Francesco lesse la vita di San Francesco Saverio, avuta in prestito dalla biblioteca parrocchiale del Rosario, fu quella lettura che dissequestrò un sogno ardente, come fuoco incontenibile: essere missionario e partire per terre lontane. Grazie al presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica venne ammesso a Pedara nell’Aspirandato salesiano e dopo il Noviziato, appena sedicenne era già chierico salesiano (16 agosto 1947). Caratterialmente remissivo e conciliante scrisse ai suoi superiori perché disponessero di lui laddove ci fosse più bisogno. Ancora chierico, dopo tre anni di attesa dalla sua lettera, ricevette la risposta, e a San Gregorio il crocefisso di missionario. Partì da Genova, destinazione Perù, il 22 novembre del 1953. Occorsero 24 giorni di navigazione perché approdasse a Lima. Fu ordinato sacerdote in Perù nel 1957.
Le sue esequie sono state celebrate nella basilica di Maria Ausiliatrice in Breña, presiedute dall’Ispettore p. Santo Dal Ben che nell’omelia ha voluto sottolineare quattro aspetti della personalità di p. Francesco, anzitutto le sue qualità umane: bontà, serenità, buon umore, capacità di comprendere e scusare tutti; il grande amore per Cristo: ogni occasione era favorevole e quando ne parlava vibrava di autentica passione per Lui; l’inquietudine teologica e pastorale, p. Francesco non era un praticone approfondiva costantemente le sue conoscenze e innovava la sua pratica pastorale tenendo come bussola i documenti del concilio Vaticano II e quelli dell’episcopato latino-americano; aveva scelto i poveri, a tal punto di privarsi di ogni cosa affinché vedesse splendere il volto di uno de suo bambini poveri, inoltre va messo in conto che spesso levava la voce contro l’ingiustizia e mettendo in pericolo la sua vita pur di difendere i diritti della persona.
La sua salma al termine della liturgia Eucaristica è stata accompagnata e tumulata nel cimitero di“El Ángel”.
Ad Aragona è stato ricordato in Chiesa Madre nella celebrazione eucaristica antimeridiana della II domenica del tempo ordinario (19 gennaio c.a.): con p. Giuseppe Veneziano che ha presieduto l’Eucaristia hanno concelebrato p. Vincenzo Sena (che ricorda ancora la capacità di p. Francesco di incoraggiare gli studenti soprattutto sotto esami) e p. Emanuele Concetto Sallemi della comunità dei Salesiani di Canicattì.
Chiudiamo con due pensieri di p. Francesco, il primo ci dice la sua carica di fede missionaria: «Maria de Nazareth nos enseña dos cosas… a recibir a Jesús y a darlo» (Maria di Nazareth ci insegna due cose: a ricevere Gesù e a farne dono); il secondo la sua finezza pedagogica: «Hay que respetar la originalidad de los niños. Muchos niños nacen originales y mueren copiones» (Bisogna rispettare l’originalità dei bambini. Molti bambini nascono originali e muoiono imitazione).
¡Hasta luego, en el cielo p. Francisco!
Alfonso Cacciatore
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